venerdì 1 maggio 2020

step 12: nel pensiero medievale

Alberto di Sassonia fu un acuto pensatore, fornendo un contributo originale alla teologia medievale, elaborando procedimenti per  determinare le verità o le falsità di enunciati o “sofismi”, utilizzati nell’insegnamento e nella valutazione dei limiti dei vari sistemi filosofici. I sofismi erano proposizioni a volte difficili da comprendere, ambigue o paradossali. L’essenziale era venire a capo di quelli proposti dai filosofi rivali e creare esempi efficaci dei propri. Alberto era particolarmente interessato ai paradossi e ai problemi dell’infinito e li discusse nel suo libro Sophismata. Nel corso delle sue disamine, ne propose uno, che in seguito avrebbe costituito la base della definizione di insieme ed il funzionamento di un’analisi rigorosa degli infiniti attuali. Il paradosso mostra il livello di attenzione sulla questione e rivela l’influenza dei filosofi inglesi dell’epoca, il cui uso della matematica fu fatto proprio e propugnato dal sassone.

Egli dimostrò che un unico infinito consente di ottenere qualcosa in cambio di nulla, addirittura ottenere quanto si vuole in cambio di nulla. I concetti espressi per noi moderni possono apparire al di fuori di ogni logica, ma trasposti nella realtà scientifica di quei tempi, assumono fondamentale importanza. Si prenda una trave di legno di lunghezza infinita, con una sezione quadrata di lato pari a 1 unità. La si tagli in cubi di uguali dimensioni. Si avrà un numero infinito di questi cubi che si potranno usare come blocchi di costruzione. Alberto afferma che con essi è possibile riempire tutto lo spazio, se li si compone in modo sistematico. Si attorni il primo blocco con (3^3) -1 = 26 blocchi, in modo da formare un cubo più grande con lo spigolo pari a 3 unità. Ora si dispongano intorno a questo cubo altri (5^3) – (3^3) = 98 blocchi, in modo da creare un nuovo cubo di spigolo uguale a 5 unità. Ripetendo questo procedimento con (7^3) – (5^3) dei blocchi iniziali, poi (9^3) – (7^3), poi (11^3)– (9^3), e così via all’infinito, si riuscirebbe a costruire un cubo di volume sempre crescente. La trave di lunghezza infinita da cui si è partiti può dunque essere tagliata a pezzi e ricomposta in modo da riempire uno spazio tridimensionale infinito!


Questo “ingegnoso esempio” dimostra come anche nel XIV secolo ci fosse una chiara consapevolezza della singolare proprietà dell’infinito, per cui esso può essere posto in corrispondenza biunivoca con una sua parte. La sua importanza, al di là di una immediata comprensione e condivisione, sta nel fatto che fece giustizia della dogmatica certezza di Aristotele, secondo cui non poteva esistere un insieme infinito di entità, perchè avrebbe contenuto un sottoinsieme più piccolo che sarebbe stato anch’esso infinito. Cosa che appariva assurda. Il paradosso vuole dimostrare come una situazione simile possa verificarsi senza che vi sia implicata nessuna contraddizione logica interna. In realtà l’esempio del sassone era più ingegnoso di quanto occorresse per sostenere la sua tesi, sebbene si possa immaginarlo nell’atto di effettuare la dimostrazione, tagliando a pezzi una lunga trave e ricomponendo i primi gruppi di cubi, in modo che ciascuno potesse farsi un’idea di ciò che sarebbe accaduto se avesse continuato per sempre.